…per diventare la donna che sei
attraversando oceani di sguardi…
Se proviamo ad allentare le maglie di un “evento”, come il bel concerto di Jovanotti a Messina, il 18 Luglio 2015, scopriremo, tra fili tesi di cronaca, mosaici di fiabe tristi nella tessera dell’ “ora”…
La signora che sull’autobus canta la follia, quanti anelli di fuoco di deliri ha saltato per far fiorire la sua bocca con questo sorriso? Lei sente nelle canzoni amate la lista della spesa delle sue (proprio le sue!) emozioni, e il canto dell’Altro è il timone del suo battello ebbro, del suo barcone di speranze… Dentro questa navicella (messa a disposizione dal Comune di Messina) mi si attacca il tuo canto, non mi posso più difendere dal sudore e dallo sguardo… Siamo insieme pifferai e topi.
Nello stadio senti la carta velina dei sogni e, a un certo punto, ti pare pure di sentire la solitudine dell’Artista sul palco (il paradosso del successo: mentre ti fa conoscere agli altri, te ne allontana)… Ci incontriamo nei melodiosi crocevia delle canzoni di Jovanotti, dove le piccole cose si fanno… incantesimi di musica, dove il traffico d’attimi schiude… la gioia di essere; di appartenere a una grande danza… che ci viene sempre più difficile ballare insieme… E, del resto, come potrebbe aiutarci l’Uomo-Artista solo sul palco se, mentre fa scorrere la preghiera di pioggia vento e sangue nelle vene che ci accomuna, rievoca anche, suo malgrado, quella fittizia separatezza tra esseri umani che è causa ed effetto di tanti mali?
L’Artista sul palco, il Predicatore sull’altare, il Professore in cattedra… ognuno occupa il suo posto (in piedi o a sedere) di solitudine e sete, mettendo in scena l’asimmetria dolorosa che ci siamo abituati a chiamare “società”.
E brilla la stella di Paolo Borsellino (e le stelle ammassate dei profughi) nel cielo scucito della bedda Sicilia…ma quando, nella notte dei desideri, si riaccendono le luci, lo stadio non è pieno di stelle cadute, ma di munnizza… Allora mi appassiono alle mani che si mettono al lavoro per ripulire, non a quelle che continuano ad applaudire. Ormai non riesco più a guardare verso il palco: la spazzatura della realtà ci ha smascherati.
Il cammino del ritorno inizia con la bottiglia vuota sotto il braccio e la solita umiliazione di siciliana orgogliosa che svuota il cuore, l’impossibilità ancora una volta di dare lo scacco matto al proprio “isolamento”… Lungo la via meteoriti d’umanità, venditori ambulanti, artisti di strada… tra loro la fata malata dell’andata: seduta ora per terra il suo sguardo consuma il sortilegio della sera… Noi topi ora andiamo verso la navicella (messa a disposizione dal Comune di Messina): l’estate addosso, e pure gli altri passeggeri, ritroviamo, prima di tornare nei nostri appartamenti, il malsano piacere del contatto umano nell’ingorgo cittadino… Solo il giorno dopo scopriremo, grazie a un telegiornale locale, che la viabilità ha funzionato alla perfezione!
Ormai il palco è lontano, forse anche il futuro, le canzoni di Jovanotti ci guidano come sempre per vicoli di cose, mentre fuori dalla stazione silenziosa sfioriamo i sogni di chi dorme per terra, gli occhi spalancati delle principesse nere… Una di loro dice a mia figlia: “Ciao, bella!”. Ci salutiamo: siamo vicine e siamo donne. Vorrei fermarmi, ma per noi è ora di tornare nell’appartamento, per loro è ora di vendersi. Sfido col mio sguardo di donna un cliente che si copre il viso e penso che voglio tornare solo per guardare negli occhi chi si vende con dignità e chi compra con vergogna.
Uno sguardo nudo è il migliore scudo contro l’ipocrisia eletta a “terza via”… Riavvolgo il nastro di questa mia “nota ai margini” del concerto di Jovanotti a Messina: di questa canzone dove le stonature la fanno da padrone, di questa continua fiaba folle di sguardi che, ancora una volta, ci ostiniamo a chiamare “presente”.