Mi onoro di rappresentare l’Italia in cerca d’autore ri-tagliata fuori da un certo tipo di rappresentazione dell’Italia. Certo, so che, oggi piu’ che mai, la “realtà” coincide con la sua rappresentazione, e che questo fondamentale assunto che nell’Arte significa possibilità di comprensione polisemica, e trasformazione liberatoria, nel Potere della Propaganda, significa, al contrario, istituzione di sensi unici, vicoli ciechi del pensiero, necessità.
Quando Nabokov, tra una caccia di farfalle e l’altra, imprigiona tra le righe una certa Lolita, sta, al tempo stesso, s-prigionando un tenero strazio di nuova bellezza e illuminando i paradossi di una società che ci “crea” come oggetti-soggetti di propaganda, come detentori di una sbandierata “libertà” cannibalesca, o di una, altrettanto sbandierata, meccanico-pacifica assenza di libertà (non c’è bisogno di dire quale film sintetizza ad arte tutta la violenza di questa polarità). Ora, la “libertà” che sembra consistere nell’avere i soldi per adeguarsi al modello creato dalla pubblicità, instaura uno stagnante circolo vizioso, nel quale la mia Lolita si fa, da creatura d’arte e d’amore, icona di stile per teen-ager giapponesi; Alice diviene la povera vittima di un pedofilo, e pure drogato, nei commenti su facebook di persone che non hanno idea del confine tra l’opera, l’autore, la persona, il personaggio… Ecco, a mio avviso, l’humus, non prettamente italiano, per il quale poi, gli stessi commentatori perbenisticamente inconsapevoli di facebook si voteranno a Santo Silvio, immaginetta ideale in quanto a soldi e successo, e squisitamente reale in quanto a vizi (certo, entro i limiti del maschilismo!).
Abbiamo creato, piu’ o meno in malafede, una società che si nutre della contrapposizione semplicistica tra mostri ed eroi, buoni e cattivi, che perde gli strumenti culturali per interrogarsi sul marcio e sul bello possibile che c’è alle sue stesse radici, su quale spazio vuoto e su quali bellezze e verità tradite di tutti si innestano le mostruosità e gli eroismi di pochi. Io, per inciso, non vorrei sentire che Falcone e Borsellino sono degli “eroi”, delle icone postume di una partita persa in partenza, ma un pezzo massimamente dignitoso e umano troppo umano della realtà, della MIA realtà.
Non può chi conosce l’illusione libera e fertile dell’Arte, permettersi l’illusione prigioniera e sterile che la “realtà” italiana sia solo la sistemica e sintetica costruzione del berlusconismo, ben congegnata, certo, ma fino a un certo punto… Non basta far precedere un discorso dallo stilema C’era una volta, per attingere alla fonte della fiaba, non basta sostituire Shahrazàd con Maria De Filippi per avere Le mille e una notte… Se è per questo abbiamo anche artisti della satira (Crozza, Guzzanti, Littizzetto…) per disinnescare i soporiferi ingranaggi e disincantare i posticci incanti…
La risposta politica che viene dalla cultura dell’arte (non a caso fatta a pezzi non solo dal governo Berlusconi) consiste nell’avere una riserva di fantasia e ironia per educare ed educarsi a non sentirsi obbligati a sentirsi liberi di essere come tutti gli altri… Confesso qualche imbarazzo storico, qualche pessimistico mal di pancia, qualche guerra fredda interiore, a stare tra le cenerentole sovietiche, le biancanevi disneyane (avete notato che i nani si risolvono ad ospitare la bella principessa solo quando lei offre loro i suoi servigi domestici?), le lolite giapponesi, le –ine italiane, e le difficoltà opposte e complementari di contesti culturali vicini e lontani… Il punto è che un corpo non dovrebbe essere una dimostrazione, di nulla; ma il modo che abbiamo per sentire il mondo.
Essere non è dimostrare, e mettere l’identità sotto bandiere o artigli, per questo giuro da italiana che se mi si chiede una parola che comincia con la “B” penso subito, ancora, a “Bellezza”…
Se me ne si chiede una con la “F”… ,ora piu’ che mai, “Fantasia”; … o tutt’al piu’ “Farfalla”, ricordandomi di Nabokov, ovviamente.
E delle ali che cerco.