Sangue su dis-trazione (guerre, mafie e storie di ordinaria mediocrità)

Mappa insanguinata della Siria
©Tammam Azzam, 2012

Momento sociale di fermenti e/o ristagni, dipinto di “sangue su distrazione”: distrazione che scorre in riflessi grigiocomputer e orosabbia e che dovrebbe scorrere con disperata consapevolezza anche sulle tastiere opache di chi avrebbe il compito di raccontare l’orrore (non di riprodurlo) alle coscienze indolenzite dalle troppe prove di malcostume.
Quasi ogni forma di progettualità (anche culturale) non aspira ad essere nulla di più di un egoismo collettivo… e la nostra domanda, sprone e spina nel fianco dalla rosa della scrittura, resta sempre quella: come assolvere al compito di compassione dell’Arte, come combattere con fatti di parole la volgarità del potere, in particolare di quello culturalmente imbellettato?

È così facile travestire il clientelismo, la prostituzione dell’idea e della parola, i giri sporchi di denaro e di pensiero, mettere l’inettitudine sotto altisonanti vessilli (in Sicilia abbiamo una lunga tra-dizione)!
La vera mediocrità non sta nel cosiddetto “popolo” (si perdoni il riflusso romantico), autentica risorsa culturale e/o manovalanza disgraziata di quei “signori del dolore” e signorotti della cultura che, al pari di Bravi Azzeccagarbugli, non esitano a pestare i piedi (e lanciare bombe, quando possono) a chiunque intralci il loro “ballo del potere”. Forse, sembrerà eccessivo paragonare le grandi guerre di tutti i giorni, con le loro truci “sfilate” di sangue, alle “piccole” guerre-sfilate di meschinità di tutti gli attimi nel nostro civilissimo Occidente. Ma se, ad esempio, in Sicilia, le due cose non fossero andate a braccetto, in un ferreo e asfissiante sistema socio-economico (e culturale!), nessuno si spiegherebbe la tenacia e l’internazionalità del fenomeno mafioso.

Signori e signorotti, dunque, molti dei quali nel tempo libero si concedono pure lo sfizio di fare gli intellettuali, come se si potesse prendere in mano una penna senza amare la verità, la verità di un’onesta compassione che passa dallo specchio, non quello delle brame (e delle trame), ma quello della coscienza. Il coraggio di guardarsi dentro, prima di sorridere agli applausi di chi è più vigliacco di loro, significherebbe poter iniziare a fare Cultura senza la necessità di sventolare una bandiera, ma ri-trovare la Grazia leggera e intensa di essere uomini.

I cavalli dormono all’in piedi, gli sciacalli e le volpi aggiungono un educato sobbalzo di fronte alle inchieste e agli scandali e… fanno finta di cadere… sempre all’in piedi, ovviamente.