I nomi sui barattoli e i numeri sulle bare: una riflessione e una poesia a margine del dolore di Lampedusa

LampedusaCapita che l’urgenza dolorosa e doverosa della cronaca lasci nel tempo relitti d’immagini su ritagli di silenzi, a comporre riflessioni (anch’esse “urgenti”, in diverso modo) che vanno oltre i margini dei giorni e dei traumi, per tentare di capire quello che siamo diventati culturalmente.
Scopro allora (e mi assumo la responsabilità di una prospettiva del tutto soggettiva e parziale) che della tragedia di Lampedusa dentro me è rimasta questa stridente sintesi: i nomi sui barattoli di noti prodotti commerciali e i numeri sulle bare.
Mi sembra tutto in questo contrasto, in questo pugno nello stomaco, il dramma paradossale della nostra società: un fondamentale bisogno umano d’identità che, non trovando autentiche radici relazionali e culturali, viene continuamente esasperato, frustrato e “catturato” dai fragilissimi e sapienti “specchi delle brame” pubblicitari (e dei social network), nei quali illudere la propria nullità, e ritrovare riflessi surrogati di sé, mozziconi di sogni… sentirsi “qualcuno” perché si possiede “qualcosa” (o “qualcun”- altro).
Di contro, nel cumulo di morte di Lampedusa colpisce e ferisce l’impossibilità di trovare tracce… di corpi, storie e sogni… Al punto che sulla quantità schiacciante, e proprio per questo inafferrabile dalla mente, della morte, forse solo la qualità pietosa della poesia, che non ha paura di muoversi nei dintorni di “ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”, può essere minimo, anche se problematico, risarcimento di significato per quella dissoluzione d’identità che, nella morte fisica, costituisce una seconda morte.
Tra i gusci vuoti del consumo e quelle bare numerate, tra il nostro narcisismo da Nutella e la disperazione che recide i volti dei profughi, un mare di miseria sociale, economica, culturale ed esistenziale; la possibilità faticosa di sapere di non sapere e di essere, come in una significativa lirica di Emily Dickinson, … “nessuno”.

 

Lampedusa, di vento e di pianto di Maria Lizzio

Volti di vento
e di sabbia

il mare non è
lo specchio delle brame

e non è musica
l’eco aspra del pianto
nelle conchiglie fraterne
della riva

Animali sociali (I)

L’uomo, si sa, è un animale… sociale: il gioco delle parti è spesso un doppio gioco, e l’animale ha, come minimo, due anime…

IL GALLO ASCETA di Maria Rosa Irrera

GalloIl gallo asceta non è certo un brutto anatroccolo, e conosce i suoi polli; vive con due zampe in una scarpa, a metà strada tra il pollaio e il monte.
Non sta così lontano dal pollaio da non mischiarsi talvolta agli schiamazzi; non così lontano dal monte da non captare il canto degli uccelli. Infatti, in quanto gallo, necessita di un luogo in cui sentirsi importante: nel pollaio, tra galline vecchie e nuove, tutto fa brodo; ma, in quanto asceta, necessita di un luogo in cui sentirsi superfluo: alzando la cresta, non si tocca il cielo.
L’ebbrezza del pollaio col desiderio del monte: ecco trovato il Sommo Bene!

 

 

LA DOMENICA DELLA VOLPE di Maria Lizzio

Pastorello con scimmia allo specchio
©Tommaso Salini

Ha finito di mangiare l’ultima gallina. È ora di ripulirsi i denti e farsi bella. Uscirà per una passeggiata salutare, incontrerà altre volpi perbene, amiche sue, per quattro chiacchiere innocenti e, soprattutto, entrerà penitente in una chiesa, a svuotare il sacco dei peccati della settimana.
Fa così da una vita, con scrupolo immutato, ogni domenica mattina.

SIMIA PSYCHOLOGIAE CULTRIX di Maria Lizzio

Quaedam nocte dieque ardenter simia motus
investigabat sedulitate animi;
esse sibi mentem sanam doctamque putabat,
vere autem miserae dirum erat… speculum.

LA SCIMMIA PSICOLOGA

La scimmia trafficava giorno e notte
con zelo, per scrutare i sentimenti;
s’era convinta d’essere una mente,
ma s’ingegnava… d’evitar gli specchi.

Finale di alfieri di colore contrario

 Áldozat (Prey)
©Roland La Tuffo Barcsik

Finale di alfieri di colore contrario
difficilissimo da vincere
dicono siano tutti destinati
a finire in una parità sconsolante
cerco di sottrarmi a un esito
già scritto nei libri forzando il gioco
ma vedo un sorriso nascosto
come di Mefisto
nel lucido specchio della casella d4

compare all’improvviso sulla scacchiera
una posizione tragica
da cui potrebbe salvarmi solo Capablanca.

 

 

Tra le righe

L’apparente linearità delle righe cela e rivela geometrie di destino e desiderio: nelle strette caselle, negli specchi fragili delle parole, covano insidie risorse trappole… L’uomo poeta, vivo di fronte alla morte, sa che la vera partita non è per vincere, ma per vedere. (M.R.I.)