Il dente del giudizio

La lingua, si sa, batte dove il dente duole… ma, se si ha male da entrambi i lati, non resta che andare avanti a frullati!

FANTOZZI DAL DENTISTA di Diego Caiazzo

copertina ChiDopo le elezioni del 24/25 febbraio 2013 Fantozzi si era allontanato dalla politica. Era disgustato da tutto e tutti. Guardava solo programmi sportivi, finanche i campionati di freccette, e appena sua moglie tentava di sintonizzare il vecchio televisore, dai colori sfarfalleggianti, su un talk show tipo Ballarò urlava: “Pinaaa!!! Lo sai che non li voglio vedere! Cambia canale e metti la gara di curling!!!” Insomma non ne voleva sapere di urla, accuse, insulti. Non voleva più vedere la Santanchè, che non distingueva dal manichino del negozio di abbigliamento sotto casa; non voleva vedere Formigoni, con le sue impressionanti giacche e la sua faccia di gomma; e, soprattutto, non voleva vedere più (indovinate?) Berlusconi… Ricordava le tribune politiche ovattate degli anni sessanta e settanta, condotte dai mitici Jader Jacobelli, Ugo Zatterin ecc.. “Quelli erano tempi, Pina! Non come oggi. I politici ora sono dei pagliacci! Ma te lo immagini Berlinguer ospite di Maria De Filippi?! O magari al Bagaglino?!”
Fantozzi era sempre stato un comunista convinto. Comunque uno di sinistra: anzi di Sinistra, con la esse maiuscola! Ora si ritrovava senza il suo bel partito in cui aveva militato per anni con fede cieca. Per lui Pajetta era un mito! Ma aveva dovuto arrendersi ai tempi: il Partito Comunista Italiano, il mitico PCI (in alto a sinistra!!!) non c’era più. Tutto quello che aveva sognato, per cui aveva combattuto negli anni della sua giovinezza, non si era realizzato.
Col passare dei mesi, però, dopo le ultime elezioni, lo spirito battagliero aveva ripreso il sopravvento. E questo grazie a un uomo nuovo: Matteo Renzi! Fantozzi si disse che forse la Sinistra aveva trovato un nuovo leader. E ricominciò a guardare i vari talk show, quando il sindaco di Firenze era tra gli ospiti, facendo un tifo indiavolato per lui, come solo per la nazionale di calcio! La signora Pina era felice di questo, il suo Ugo aveva ripreso energia (anche in certi momenti)!… Il nostro ragioniere era tornato a nuova vita, in tutti i sensi. E cominciò a informarsi sulla “vita e le opere” di Renzi. Pare che avesse partecipato in passato alla “Ruota della fortuna” di Mike Bongiorno e questo lo divertiva molto: “È uno dei nostri, Pina!”, diceva alla moglie. Si documentò per bene sul suo programma politico, sulle proposte, sulle idee e, se qualcuno gli faceva notare che non veniva dal Partito Comunista, che il Partito Democratico era la fusione del vecchio PCI e della vecchia DC (cosa inimmaginabile un tempo!), diceva che non aveva importanza: questo era l’uomo nuovo, colui che avrebbe cambiato l’attuale modo buffonesco di fare politica e avrebbe condotto la Sinistra al governo, finalmente!
Così l’otto dicembre 2013 era andato a votare alle primarie del PD convintamente per Renzi e non aveva nemmeno voluto sapere che nome e che faccia avessero gli altri candidati! Pagò i suoi due euro soddisfatto e felice. Aveva fatto il suo dovere!
Il giorno dopo Fantozzi aveva un gran mal di denti. Andò di corsa dal dentista con la mascella gonfia e si sedette in sala d’attesa. Lì, tra i vecchi giornali che sempre vi si trovano, c’era una copia di Chi, risalente a qualche mese prima. Il dolore era forte, ma lo sguardo gli si appuntò sulla copertina. Non riusciva a crederci: c’erano fotografati due personaggi, praticamente vestiti uguale, con un giubbotto di pelle e l’espressione un po’ ebete, uno dei quali pareva proprio Matteo Renzi. Si stropicciò gli occhi: quello era l’uomo che avrebbe cambiato la politica? Il nuovo leader della Sinistra in Italia? Non era possibile! Domandò a una signora seduta accanto a lui: “Mi scusi, ma questo qui è Renzi?!” “Sì”, rispose la signora, “è quello di Destra! Quello di Sinistra è Fonzie! Sa, quello di Happy Days!”…
Fantozzi tornò a casa senza dire una parola. Si mise a letto, fissando il soffitto. La signora Pina tentò il solito approccio, dato che negli ultimi tempi era andata bene. Ma suo marito era come in catalessi. Si rincantucciò nel suo angolino e lo lasciò ai suoi pensieri, che intuiva cupi.
L’indomani il televisore di casa Fantozzi era sintonizzato sul campionato italiano di calcio-balilla…

 

LE LARGHE INTESE… COLORATE di Maria Lizzio

Schizzi
©Martin Klimas

Non c’è più il rosso e il nero
son svuotate le lattine,
ora è nato il rosso-nero
per la gioia dei…trattini.

La bellezza è sfumatura
per occhiali raffinati,
accostare più colori
e goderseli beati:

e alla fine un bel frullato
per la gioia del palato!

Variante del pedone avvelenato*

Variante del pedone avvelenatoSembra una fiaba
ma negli scacchi
è un’apertura che conduce
ad un gioco violentissimo
sulla scacchiera scorre
un invisibile sangue
frutto di un irreparabile squilibrio
chi accetta di addentrarsi
in quel gorgo di immagini
non ha paura della morte
anzi l’affronta
mordendola come una mela.

 

 

L’apparenza incanta

Da una fragile apparenza incantata si dipana un gioco labirintico e lucido, che va ad addensarsi su punte di pathos velato dall’ancoraggio prosaico, a scheggiare di risoluto e consapevole coraggio (che non è l’ingenuità di Biancaneve o la curiosità indefinita di Eva) l’oggetto finale, col suo carico di vita e di morte. (M.R.I.)

 

* Nel gioco degli scacchi, quella del diagramma è la posizione da cui nasce la “variante del pedone avvelenato”: il pedone in questione è quello che si trova nella casella b2. La Donna, che si trova in b6, attacca il pedone e il Bianco, se vuole ottenere un vantaggio dall’apertura, come hanno dimostrato anni di teoria e pratica, è costretto a sacrificarlo, così come il Nero, per lo stesso motivo, è costretto ad accettare il sacrificio. La lotta, che sempre nella Difesa Siciliana (apertura di cui quella del pedone avvelenato è, appunto, una delle varianti) è accanita, è qui particolarmente violenta e “sanguinosa”. Difficilmente è possibile prevederne l’esito. Chi la gioca deve mettere in conto la possibilità di perdere per un minimo calcolo sbagliato. Se è vero che la Siciliana non perdona, questo vale ancora di più per questa variante. (N.d.A.)

Il silenzio della donna

Bambina alla porta
©Angelo Monico, 1944-1945

Il silenzio della donna
è la sua chiave,
ciò che solo, in essa, va osservato
ed auscultato, come medici
allo stetoscopio, per scoprirne
il linguaggio di segreti.
È un cono d’ombra
in cui l’uomo viene sorpreso
invariabilmente, ineludibile,
ma non temuto,
come un’eclisse
che gli astronomi attendono
per studiare il sole
dalla sua assenza.

 

 

Studio infinito

Questi versi ci riconciliano con il significato originario dello studium latino… in una tensione di luce lirica che accosta e ricrea spazi di silenzi e segreti, a rendere nel chiaroscuro d’un canto il battito “cosmico” del cuore umano. (M.R.I.)

La osservo tacere

Donna alla finestra
©Pep

La osservo tacere
dolorosamente
separarsi dal mondo
con pochi impercettibili gesti
come gli offrisse la voce
in olocausto
per placarne la collera
e mentre cerco di aprirmi
un varco
nel suo ostinato silenzio
di lei mi ferisce
l’incompiutezza di uno sguardo.

 

 

 

Sponde di voce

Il verso del poeta sembra voler farsi carico del silenzio della donna, dei suoi “olocausti di voce” su sfondi lontani di mondo… ma la ferma e ferita volontà lirica è solo, intorno al silenzio, reticolato di parole, impregnate d’umanissimi incompiuti e non detti, come conchiglie su sponde di sacrifici. (M.R.I.)

Finale di alfieri di colore contrario

 Áldozat (Prey)
©Roland La Tuffo Barcsik

Finale di alfieri di colore contrario
difficilissimo da vincere
dicono siano tutti destinati
a finire in una parità sconsolante
cerco di sottrarmi a un esito
già scritto nei libri forzando il gioco
ma vedo un sorriso nascosto
come di Mefisto
nel lucido specchio della casella d4

compare all’improvviso sulla scacchiera
una posizione tragica
da cui potrebbe salvarmi solo Capablanca.

 

 

Tra le righe

L’apparente linearità delle righe cela e rivela geometrie di destino e desiderio: nelle strette caselle, negli specchi fragili delle parole, covano insidie risorse trappole… L’uomo poeta, vivo di fronte alla morte, sa che la vera partita non è per vincere, ma per vedere. (M.R.I.)