Ritratto di bambina con albero

A Fairy
©Arthur Rackham, 1906

Una bimba
– capelli di bosco –
nei raggi d’autunno
ninfa leggera

– piedi di danza
baciano nudi la terra –

racconta al vecchio albero
una storia d’amore
a conforto.

 

 

 

Empatia nell’universo
(ricordando Baudelaire)

La parola poetica coglie e trattiene il respiro delle cose, ne registra il dialogo segreto, ne suggerisce l’intima armonia; la metafora si fa strumento rivelatore della connessione fra forme di vita apparentemente distanti che, “ricomponendosi”, invece, si svelano inaspettatamente vicine e reciprocamente necessarie.
Alla dolcezza dei raggi autunnali risponde la leggerezza di una danza infantile, ai capelli di una bimba il profumo di un bosco frondoso, e la terra sotto i piccoli piedi è quella di cui si nutre il vecchio albero.
Così, non è difficile parlarsi (non ci guardano gli alberi da sempre?) e la “simpatia” intuisce la malinconia della fine e la risarcisce con ingenuo garbo infantile.

Ad Astolfo, cavaliere lunare (seconda missione)

Undine
©Arthur Rackham, 1909

Cattura la luce
e svuota
tutte le ampolle di senno.

Raggi
nell’alabastro delle ali
crescono a sogni di volo

angeli,

non smorte mani
imprigionate nel bitume,

senno che graffia
lune di pietra.

 

 

Fra poesia e filosofia

I cavalieri, si sa, sono nati per compiere missioni impossibili, ma… col senno di poi… non sempre il gioco è valso la candela.
Astolfo, ad esempio, quella volta, nonostante gli sforzi ammirevoli, non ci ha reso esattamente un buon servizio: il senno non libera sogni e sulla terra (e probabilmente anche oltre) solo dietro un sogno si impara a volare.
Il paladino, però, se vuole, può rimediare: torni sulla luna e ce ne porti indietro la luce, la luce dei sogni che spinge in alto gli uomini (e gli angeli).
Il senno può creare geometrici, asfittici labirinti e avere il livore del bitume e la durezza della pietra che non conosce lo stupore ebbro della vita.
E poi, dove vivrebbero cavalli e cavalieri senza la “follia” luminosa dei poeti?