Non c’era una volta, ma ora c’è il multibambino.
Vive in un paese dove tutti, non sapendo esattamente cosa fare, vanno sempre di fretta, tanto da non potersi chiedere nemmeno il perché; comprano un po’ di tutto, che, non si sa mai, può servire prima o poi, e creano bambini che si devono sbrigare a diventare come loro, pena terribili castighi, come l’invisibilità.
Il multibambino non ascolta storie, perché, naturalmente, nessuno può perdere tempo a raccontargliene; non gioca in strada, perché, come si sa, è pericoloso e, del resto, non vi si trova più nessuno con cui condividere il gioco; non si deve sporcare né fare alcun «passo falso», perché vallo a trovare il tempo di rimediare!
Ma non è che egli stia con le mani in mano, anzi in mano ha sempre un magico apparecchietto che gli apre il mondo: il multibambino, infatti, non vede nulla che non gli salti fuori miracolosamente dal suo apparecchietto, tanto che non sa che farsene del guardarsi intorno, esercizio dannoso che gli farebbe perdere del tempo.
Talvolta, a dire il vero, gli vengono strani desideri di cose che non fa: soffiare in un fischietto, arrampicarsi su un albero, lanciare un sasso in mare (va a capire da dove gli arrivano, visto che il suo apparecchietto non registra queste alternative!), ma, siccome si tratta di attività non previste né programmate, qualche multiadulto, che ci è passato prima di lui, lo riporta velocemente alla realtà, ricordandogli che è l’ora della palestra o dei compiti o della visita oculistica (spesso ha problemi agli occhi) o della festicciola di compleanno di un compagnetto multibambino, ed esortando ogni volta a sbrigarsi, perché non c’è tempo da perdere.
In questi casi di pericolo, per tutelarlo ventiquattro ore su ventiquattro anche in assenza di un multiadulto, dal suo apparecchietto si sprigiona un’essenza soporifera che gli caccia via in fretta ogni inopportuna fantasia.
Anche la scuola frequentata dal multibambino è una multiscuola: si passa di corsa da un argomento all’altro, da un progetto all’altro, da un’attività all’altra; alla fine vince chi è riuscito a correre di più; perciò, se il multibambino si azzarda per caso a fermarsi per riflettere, perché malauguratamente è incappato in qualche dubbio o, peggio ancora, in qualche distrazione pericolosamente reale (un fiore spuntato sull’albero del giardino, una farfalla o un’ape sul vetro della finestra), si accende una lucina rossa sul provvidenziale apparecchietto, che invita a non perdere tempo, se si vogliono evitare punizioni, anche molto severe: infatti, nel caso che il rosso diventi arancione, si va incontro all’espulsione dalla prestigiosa multiscuola.
Insomma, tutto funziona alla perfezione, per la gioia di tutti i multiadulti, fino a che un giorno una strana maestra, capitata lì per chissà quale strano caso (certo, una maestra antica, all’oscuro dell’esistenza dei multibambini e dei loro sorprendenti apparecchietti), non lascia uno strano compito che chiede di spiegare con «parole proprie» cosa sia un «bambino».
Il multibambino resta totalmente disorientato soprattutto dall’espressione «parole proprie» (dove trovarle?); poi, come al solito, preme i tasti del suo magico apparecchietto, ma, per quanto li colpisca tutti ripetutamente e sempre più freneticamente (si rende conto, infatti, che sta perdendo molto tempo), il display con impietosa monotonia continua a segnalare «voce non trovata». La stessa cosa accade per il termine «bambino», per il quale, tuttavia, gli balena per un istante un’ipotesi: che sia un esserino rachitico destinato a non diventare mai multiadulto?
Infine, dopo interminabili momenti di un’angoscia mai provata prima, il multibambino conclude, con una convinzione che lo riporta alla sua sicurezza apatica, che, se il suo fedele apparecchietto non dà risposte, termini come «parole proprie» o «bambino» sono solo un trucco perditempo di una maestra perditempo, appassionata di domande strane, per le quali evidentemente non possono esistere risposte.
Così, senza rendersene conto, fa un gran passo avanti verso l’agognata condizione di multiadulto.