A Paolo Borsellino

Sicilia
©Luca Parmitano, 2013

Paolo, non accenderò il tuo sguardo
su questo vuoto bianco
come labile lume sul rito della morte:

la memoria non ha perso
il lampo della ferita
nell’estate bambina.

 

 

Distanza

Tra commemorazione e memoria c’è la stessa distanza che divide icona e volto: una distanza di verità e umanità che, invece, può unire il dramma di una Terra e la lacerazione di una bambina che, abitandola, ne comincia a intuire e nominare il carico di dolore sugli sfondi azzurri.

Su sassi incalpestati

Ortensie del giardino di zio Ernesto, via Foria 49
©Vincenzo Bruzzese, 1950

Su sassi incalpestati ho smarrito
aurora, pur mia e non datata
Il cielo verde senza fiori
nel blu cespuglio delle ortensie nuove
muove ferita, tampone di nuvola lontana
orizzonte suono al tempo che matura

L’amore non rammenta ragione
nel qui quaggiù raccoglivento
ninna impaccia per lune di sguardo
lo sguardo che si dona, perdura
nel silenzio che, s’ignora, un mattino
forse un nome pronuncerà

 

 

Dare alla luce

Parole plasmate in una giostra, densa e fluida insieme, di moti e toni… in ritmi che raccolgono frammenti di cose distanti donate al mondo attraverso la poesia; cose che non risolvono la loro incertezza, ma l’allegeriscono in luce e canto. (M.R.I.)

A Galileo

GalassiaA terra
le fragili ginocchia
nel giorno
dell’eclissi.

Ma il cielo
vicino all’audacia
degli occhi
non prostrati

nell’ora dei ciechi
ti spalanca

dorato

il riso delle galassie.

 

 

I piedi sulla terra e il cuore fra le stelle

Non le ginocchia piegate, ma gli occhi puntati come fari oltre l’angustia di luoghi e circostanze, sono preghiera che abilita a catturare il sacro respiro dell’universo.
Frate Sole… sora Luna e stelle, dentro di voi, dolce e silenzioso, un dio sorride a chi non si stanca di accarezzarvi dalla terra.

Shahrazàd (una, nessuna e milleuna)

Le mille e una notte
Locandina dello spettacolo rappresentato il 19-08-’12 a Villa Piccolo

Versi spettrali
nelle ore smaltate:
la tenerezza vuota
a braccia aperte.

Sono un mondo
di sangue e stelle
da stordire d’azzurro

(la buca era così profonda
che è tutt’uno tornare bambina
e diventare donna).

La vitalità custodita della Villa
fra pensieri e alberi
forme antiche sotto teli di palpiti:

lo trovai in un cassetto e dentro
una metafora chiamata “Sicilia”,
negli scrigni contrari del cuore
una, nessuna e milleuna.

(Volli essere sua
da quando strappai in fretta il primo fiore
dal mio giardino di parole,
e su quello che lo divide dalla mia pelle
nacque un prato di stelle).

E si a notti sciarriata
cala ciauru mutu
supra i nustri cunti
e non sacciu a unni si[1]

Se i sogni scendono
e sciolgono e slacciano
senza i versi
e non so dove sei…

 


[1] E se la notte bisticciata/ fa scendere profumo muto/ sopra i nostri racconti/ e non so dove sei

 

 

Viva a parole

La parola poetica vive e fa vivere: apre vaste e contro-verse arcate d’Essere, si fa tempo-luogo d’incontro e racconto… (meta)teatro di ricchezza conflittuale, richiami magici, intense sintonie isolane.

Le notti di Casimiro*

Acquerello magico
Un “acquerello magico” di Casimiro Piccolo

Vegliava il grande marittimo
di tanti rami d’ombra la vedetta
il cimitero cani–gatti
gli spiriti elementali la stretta

Qualcuno, altro suono, contava
di loro le note e del padrone
di quanti umido naso annusano vita
ancora, nell’ancora

Tu quel pino ascoltando e la voce
la mano di ruga corteccia leggera
la brezza il mistero la morte l’amore
del fremere il giocatore

La luna di scuro lenire
dal buio nel cono stellare
le notti (e il barone sorride)
magiche imperiture

 

 

Cerchi e cieli magici

Nei cerchi concentrici del verso si annida la vita: si “domina” e sparge l’eco del tempo; si rinnovano presenze contese a cieli vuoti, strappate dal delicato accordo di una parola: per sorridere ancora magiche su luminosi silenzi. (M.R.I.)

 

* Le notti di Casimiro è il titolo dello spettacolo teatrale, scritto da A. Samonà e rappresentato nell’estate del 2012 a Villa Piccolo, dal quale la lirica trae ispirazione.