Animali social

Le sorprendenti mutazioni genetiche degli ultimi tempi non risparmiano neanche la grammatica…

PRONOMI IM…PERSONALI di Maria Rosa Irrera

“Niente di personale”, si diceva Io con Loro in bocca senza sputare il rospo, scorrendo la sua bacheca facebook: era un pronome importante, mica Uno qualunque! “Come ha potuto pensare Tu che mi riferissi a Lui?”… Come si può pensare che Io parli a Tu…, per Tu? Mi sembra chiaro che Io si riferisse a Io, e che Tu dovrebbe farsi gli affari suoi (o tuoi?), smettere di farsi dare del tu e togliere senso, e diventare l’Ennesimo Io… Così, forse, Io e Tu, anzi Io e Io, potrebbero cominciare a capirsi.

Paperino

IL PAPERO INFORMATICO di Maria Lizzio

«Pape Satàn pape Satàn aleppe!»[1],
ma non è Pluto, è il papero Peppe,
che, trovata la formula perfetta,
la spruzza nella rete qua e là,
per fare avanzar la civiltà.

Ogni stagno ha un sussulto solidale,
di becco in becco corre il gran messaggio;

ma accade che, connessi e affratellati
nel costruire la nuova società,
qualcuno preme un tasto, un po’ distratto
e manda in aria paperi e contatto.

 

[1] Dante, Inferno VII, 1

Per Elisa

I cigni selvatici
©Svend Otto S.

La partitura triste
nell’ala di dolore

Elisa non riuscì a finire…

e appese il pianto
a un osso di luna

tra le reti dolenti
disarmava il sortilegio

nel dettato dei colori

 

 

 

Reti e Versi

Il lavoro silenzioso e solitario di Elisa, nella fiaba di Andersen, diviene metafora della scrittura, che non può mai “coprire” per intero l’esperienza troppo umana del dolore. Ma l’ “incompiuto”, di volta in volta cupo, umoristico, fatato, del vissuto si trasforma, sotto l’ala della poesia, in occasione di luminosa sintesi simbolica.

La stanza di Virginia

Virginia Woolf
©G. C. Beresford, 1902

Cara Virginia,
ci siamo incontrate nel punto di sutura tra dolore e gioia, dove il delicato peso del pensiero irradia pulviscolo di vita, dove la matassa distratta dei giorni si fa concentrazione inesplicabile d’armonia, dove il rito delle cose si accende… e ombre si rompono dentro passi.
Difficile dire se fu dialogo sororale o fuga di vele… se nella geometria deliziosa e dannata del giorno le pagine riempiono le mani come mazzi di rose, se dalla stanza come un sottile miracolo scorre linfa di secoli, se la danza del sole accompagna il fiorire dei libri…
Tanto più profondo è il baratro quanto più diviene lucido lo specchio… il passo segnato da ferite acquista un’impalpabile leggerezza di spume e le parole si aprono come scrigni di rifrangenze. Aria, polvere, colore… La vita che sembrava contratta si rivela in una pausa di vento, fuggono le forme in fiati di frase e il giorno, con la sua festa malinconica, mormora mezze meraviglie e pianta misteri di felicità. La morte piega lo stelo e frena l’onda, rimandando la sua vittoria di tempesta… ora alita un’attesa, si tesse una tela.
Nastri d’ore, gemme di momenti… Conosci il segreto di quell’incanto dolente che chiamiamo “vita” e percorriamo, decise e fragili? Conosci lo stupore che bagna le rose… e la luce? Le rive ritagliate da ricordo, le corse dei giorni e le isole dei secondi? La pagina rivela le aritmie del tempo… tinte tagli gomitoli di anni… srotolando il sentiero degli sbagli affiora una striatura d’infinito, un’argentea ironia. Voglio ora sostare nel battito della tua visione… quotidiana e magica, tersa e abissale, universale e naturalmente femminile… come la fatica di essere… “donna” e “scrittrice”.
Difficile spiegare come le voci dentro i libri accompagnino, e a volte persino sostengano, il dondolio delle ore, il tumulto del dolore, radici invisibili che ci slanciano verso la Bellezza. Dentro i passi di oggi si muovono i tuoi astri… la vita ri-appare dalle spume dei tuoi sguardi… l’amarezza si fa sorpresa, l’angoscia epifania.
Hai detto la sublime meschinità dello stare al mondo cingendo di colori l’apparire delle cose, annegando le impressioni nel fondo buio della pagina; morendo una volta e vivendo sempre.
Nell’onda che sigilla la tua stella, nell’eco che dall’onda… rigenera la parola.

Luna e Nulla (a Lucio Piccolo)

Villa Piccolo
©Sebastiano Irrera, 2014

Abito il bordo di un canto
lontano lievito di Luce
il nulla innamora il giardino
di un’acrobazia chiara

richiama

cose da risacche d’invisibile
in aliti di cielo

finché tutto si stringe in limite di luna
Tu Sei

fraterno infinito e nulla
allargato a favola

 

 

A bordo canto

Il verso si fa privilegiata e cara sponda di visione, miccia di dialogo, ascolto acceso di forme, aprirsi inesauribile e intimo di vita segreta di cose.

Sangue su dis-trazione (guerre, mafie e storie di ordinaria mediocrità)

Mappa insanguinata della Siria
©Tammam Azzam, 2012

Momento sociale di fermenti e/o ristagni, dipinto di “sangue su distrazione”: distrazione che scorre in riflessi grigiocomputer e orosabbia e che dovrebbe scorrere con disperata consapevolezza anche sulle tastiere opache di chi avrebbe il compito di raccontare l’orrore (non di riprodurlo) alle coscienze indolenzite dalle troppe prove di malcostume.
Quasi ogni forma di progettualità (anche culturale) non aspira ad essere nulla di più di un egoismo collettivo… e la nostra domanda, sprone e spina nel fianco dalla rosa della scrittura, resta sempre quella: come assolvere al compito di compassione dell’Arte, come combattere con fatti di parole la volgarità del potere, in particolare di quello culturalmente imbellettato?

È così facile travestire il clientelismo, la prostituzione dell’idea e della parola, i giri sporchi di denaro e di pensiero, mettere l’inettitudine sotto altisonanti vessilli (in Sicilia abbiamo una lunga tra-dizione)!
La vera mediocrità non sta nel cosiddetto “popolo” (si perdoni il riflusso romantico), autentica risorsa culturale e/o manovalanza disgraziata di quei “signori del dolore” e signorotti della cultura che, al pari di Bravi Azzeccagarbugli, non esitano a pestare i piedi (e lanciare bombe, quando possono) a chiunque intralci il loro “ballo del potere”. Forse, sembrerà eccessivo paragonare le grandi guerre di tutti i giorni, con le loro truci “sfilate” di sangue, alle “piccole” guerre-sfilate di meschinità di tutti gli attimi nel nostro civilissimo Occidente. Ma se, ad esempio, in Sicilia, le due cose non fossero andate a braccetto, in un ferreo e asfissiante sistema socio-economico (e culturale!), nessuno si spiegherebbe la tenacia e l’internazionalità del fenomeno mafioso.

Signori e signorotti, dunque, molti dei quali nel tempo libero si concedono pure lo sfizio di fare gli intellettuali, come se si potesse prendere in mano una penna senza amare la verità, la verità di un’onesta compassione che passa dallo specchio, non quello delle brame (e delle trame), ma quello della coscienza. Il coraggio di guardarsi dentro, prima di sorridere agli applausi di chi è più vigliacco di loro, significherebbe poter iniziare a fare Cultura senza la necessità di sventolare una bandiera, ma ri-trovare la Grazia leggera e intensa di essere uomini.

I cavalli dormono all’in piedi, gli sciacalli e le volpi aggiungono un educato sobbalzo di fronte alle inchieste e agli scandali e… fanno finta di cadere… sempre all’in piedi, ovviamente.